Ma le fortificazioni vennero utilizzate soprattutto nel Medioevo: i materiali per erigere le fortificazioni si sono evoluti, dalle costruzioni in pietra si è passati a quelle in cemento armato.
Il calcestruzzo, avente per cementante la pozzolana mista
alla calce comune, fu adoperato fin dal tempo dei Romani, che lo chiamarono betunium. Allora veniva impiegato per
fondazioni, muraglie e in qualche caso per riempire i cassettoni delle volte a cupola,
nelle quali i costoloni portanti ed i paralleli erano formati da muratura di
mattoni pieni. Vi sono anche rari esempi in cui nella massa di calcestruzzo si
ritrovano annegate delle aste di ferro, poste secondo un intuito costruttivo,
che tuttavia non permette ancora di parlare di vero e proprio cemento armato.
Prima SMEATON (1756) e poi PARKER (1796) avevano
riconosciuto le proprietà di rapida presa e consistenza che i calcari argillosi,
convenientemente calcinati, presentavano nella posa in opera. Seguirono studi
di LESAGE (1800), di VICAT (1818); ma la prima fabbrica di cemento Portland
sorse in Inghilterra per merito di Giuseppe ASPDIN nel 1824; un’altra si ebbe
in Francia a Boulogne sur Mer nel 1840.
Il cemento armato incominciò a svilupparsi e prender posto
fra i sistemi di costruzione, quando le
cognizioni sui cementanti furono basate su dati e ricerche scientifiche, e
quando si iniziò la produzione veramente industriale del cemento. Un primo
tentativo di costruzione in cemento armato può essere considerato il canotto di
cemento con un’armatura di ferro, eseguito dal francese LAMBOT nel 1850 e
presentato all’Esposizione Universale di Parigi nel 1855.
Joseph Monier |
Nell’84 il brevetto Monier venne acquistato dalle Ditte Freytag
e Heidschuch di Neustadt sul Hardt, e dalla Martenstein e Josseaux di Offebach
sul Meno.
L’anno successivo l’ing. Gustav Adolf WAYSS di Berlino
riacquistava i brevetti Monier per valorizzarli in Germania ed in Austria;
istituiva nello stesso tempo una serie di esperienze, d’accordo con le ditte
nominate e col prof. BAUSCHINGER di Monaco. I risultati delle esperienze
pubblicati nel 1887 sono riassunti nel volume “Das System Monier, Eisengerippe
mit Zementumhüllung” del Wayss, nel quale egli precisa che il ferro va
disposto nelle zone tese della sezione, e constata che il ferro ed il cemento
agiscono statisticamente insieme, per effetto dell’aderenza fra i due
materiali.
A questi studi seguirono poi in Germania numerose altre
ricerche e prove per merito specialmente di WAYSS stesso, di BAUSCHINGER, di
KOENEN, di MÖRSCH,
di BACH, di KLEINLOGEL e di molti altri. In Austria si affermarono in questo
campo di studi NEUMANN, MELAN, THULLIER, EMPERGER ed altri. La Svizzera è
rappresentata da RITTER e SCHÜLE. Nei paesi Anglosassoni le prime
applicazioni del cemento armato ebbero per scopo di realizzare
l’incombustibilità delle costruzioni edilizie in ferro.
Francois Henebique |
In Francia, oltre al sistema Monier, all’Esposizione dell’89
comparvero i sistemi Bordenave e Cottacin; nel ’92 i sistemi Coignet e
Hennebique. Particolarmente degno di nota è Francesco HENNEBIQUE, ingegnere
francese, che introdusse il sistema costruttivo indicato col suo nome, portandolo
ad un grado di perfezione elevato. Del suo profondo intuito costruttivo egli
lasciò un’impronta marcata in opere grandiose; basta accennare al Ponte del
Risorgimento a Roma costruito dall’impresa Porcheddu nel 1910 su suo progetto.
In Italia, nei primi tempi, le costruzioni in cemento armato
non incontrarono eccessivo favore; il paese abbonda di ottime pietre naturali,
calci e pozzolane. Però dopo la Grande Guerra i vantaggi di economia offerti
dalle strutture in cemento armato sono diventati particolarmente manifesti
anche nel nostro paese, che vide sorgere opere in cemento armato non meno
importanti di quelle eseguite all’Estero: alcune fra le migliori e più ardite
strutture sono state imitate da costruttori di altri paesi. Ora si possono
citare vaste serie di importanti opere pubbliche e private in cemento armato
per le quali, in precedenza, si ricorreva all’impiego del ferro, del pietrame e dei mattoni.
Tratto da: Luigi SANTARELLA – Il cemento armato – vol I (pp 6-7) –
HOEPLI - 1977
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